(26 settembre – 1 ottobre 2018)

26 settembre – Siamo ospiti di Danila e Paolo, e arriviamo a Venezia in macchina. La giornata è bellissima, soleggiata. Ci sistemiamo velocemente, poi subito fino alle Zattere per godere lo spettacolo del tramonto.

Raggiungiamo il teatrino di palazzo Grassi per la rappresentazione della  performance di Gilbert & George, The Singing Sculpture. Durante il filmato, gli artisti spiegano il loro modo di fare arte, attraverso le parole, per raggiungere il più alto numero di persone possibile, senza distinzione di ceto sociale. The Singing Sculpture, tenutasi durante l’inaugurazione della galleria di Ileana Sonnabend a New York, è una metafora della vita dell’uomo medio, che trascorre il tempo ripetendo all’infinito gli stessi gesti: alzarsi, andare al lavoro, rientrare, dormire … La vera sorpresa è la presenza in sala dei due artisti, che raccontano l’episodio e la genesi del filmato. Una grande emozione conoscerli! Poi cena a casa, in piacevole compagnia

27 settembre – La giornata è bella, luminosissima, fresca. Ci inoltriamo nelle calli e passiamo davanti a Palazzo Mocenigo, al quale dedichiamo una visita.

E’ una dimora antica, che mantiene ancora i fasti del 1700. Appartenuta in ultimo alla famiglia Mocenigo, imparentata per matrimonio con i Correr, diventa di proprietà dello stato alla morte dell’ultimo discendente. Oggi si propone come esempio di dimora patrizia veneziana del XVIII secolo, e come museo storico della moda e del profumo.

Si accede in un grande cortile e da lì, attraverso uno scalone, si arriva al salone di rappresentanza, grande, ricco di tele raffiguranti i membri della famiglia nei loro costumi più prestigiosi, con una bella vetrata policroma affacciata sul canale. L’aspetto più interessante si trova nelle stanze che circondano totalmente il salone, nelle quali è possibile ammirare soffitti affrescati, antichi vetri di Murano in servizi e collezioni, tessuti preziosissimi intrecciati con oro e argento, ricami di Burano, e arredi d’epoca. Le stanze sono tappezzate con una splendida tappezzeria in seta rossa e dorata, così come le tende, e separate da magnifiche porte in radica.

In alcune stanze sono esposti modelli di abiti d’epoca, impreziositi da ricami originali e di estrema precisione, una collezione di gilet maschili, e una biblioteca dedicata ai tessuti.

pl mocenigo gilet

L’ultima parte della visita è invece dedicata ai profumi, e dopo l’esposizione di macchinari, vetri e alambicchi per l’estrazione delle preziose essenze, c’è una piacevole parte interattiva dove è permesso annusare varie sostanze odorose, per riconoscerle e declinarle in profumi: un grande tavolo espone in bell’ordine semi e spezie, un altro propone bottiglie con oli essenziali di varia profumazione, da sperimentare liberamente. Intorno, collezioni di raffinate bottiglie e contenitori in vetro. Una festa per i sensi.

pal mocenigo profumi

Usciamo da palazzo Mocenigo e continuiamo la passeggiata fino al ponte di Rialto, dove facciamo la spesa di pesce fresco e frutta al mercato. Da qui rientriamo a casa per il pranzo, composto da pesce spada, baccalà mantecato, pomodori, frutta e pasticcini.

Il pomeriggio è interamente dedicato alla stupenda mostra del Tintoretto nel 500esimo anniversario della nascita. Le opere del Tintoretto sono esposte in numerose chiese di Venezia, quindi sempre visibili, ma la mostra ci accompagna in un percorso tematico che bene aiuta a capire sia la tecnica che la personalità di questo straordinario pittore. Come tutti i grandi, non somiglia a nessun altro, sia nella pennellata che nell’interpretazione dei soggetti, ma ben si comprende la maestria del genio.

La mostra è assai ampia, tanto che ci resta solo il tempo per dare un’occhiata veloce alla Scala Contarini del Bovolo prima di recarci al ristorante Antico Calice, dove chiuderemo in bellezza.  La buonanotte arriva dalla piazza San Marco illuminata.

28 settembre – Pensavamo sarebbe stata una visita molto più veloce, invece c’è voluta quasi tutta la giornata per visitare la mostra Homo Faber, alla fondazione Cini sull’Isola si San Giorgio. La visita è completamente gratuita, incluso il traghetto che ci porta dall’altra parte della laguna. In modi diversi e con gli esempi più svariati, la mostra celebra il design artigianale di tanti artisti italiani e stranieri: dal tessuto alla carta, dalle corde al cuoio, dalle piume al vetro sono tanti gli interventi di altissimo livello che permettono di capire un lavoro oggi un po’ controcorrente, fatto di gesti unici e sapienti, indifferenti al passare del tempo

All’interno dei giardini troviamo il Padiglione della Santa Sede, dove insolite sculture di architetti diversi cercano di ridisegnare la Chiesa in termini nuovi, con diverse metafore sul rapporto tra Chiesa e chi con difficoltà si avvicina e si porge verso di lei.

Verso metà pomeriggio rientriamo a casa per un breve riposo, poi ripartiamo con il solito entusiasmo per fare un giro nel ghetto. Dopo aver ammirato le belle case che si affacciamo sul canale, ci spostiamo al di fuori e ci concediamo uno spritz davanti al tramonto, sul canale di Cannaregio.

Rientriamo a casa per cena e ci rilassiamo così tanto che non usciamo più

29 settembre – La giornata di oggi è interamente dedicata alla Biennale di Architettura 2018

Le curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara, irlandesi, hanno chiamato questa edizione Freespace, e ne hanno pubblicato il manifesto con un anno di anticipo, per dare tempo e modo ai partecipanti di aderire nel modo migliore al messaggio. Freespace è spazio libero, ma anche spazio gratuito, e proprio in questa direzione vogliono andare tutti i progetti, impostati a una visione di grande generosità e altissima attenzione al sociale.

La prima parte della visita si svolge ai Giardini, la nostra guida si chiama Alice, molto brava e appassionata.

Entriamo nell’ingresso di quello che è nato come il Padiglione Italia, affrescato da Galileo Chini, e siamo già nella prima installazione: il pavimento è rivestito di piastrelle preparate a mano, una per una, colorata con le tonalità del soffitto. Specchi inclinati alle pareti permettono di vedere insieme questi due elementi, per apprezzare l’armonia cromatica.

La prima stanza è dedicata a giovani architetti, o studi di architettura, irlandesi, e i progetti proposti, pur nuovi, riprendono stili abitativi della tradizione, rivisitati secondo il particolare più suggestivo. L’architettura di oggi, o del futuro, non può prescindere dalle esperienze passate.

Nella stanza vicino i cinesi Amateur Architecture Studio presentano la loro proposta per recuperare un quartiere popolare e degradato, che lo stato vuole demolire, creando così moltissimi senzatetto.  Il progetto prevede la rivalutazione degli spazi comuni, per incentivare gli abitanti a una maggiore attenzione al loro ambiente e a uscire dal degrado.

La passeggiata continua attraverso il delizioso giardino di Carlo Scarpa, il minimalismo che diventa arte con l’aiuto della natura: il suono dell’acqua, i movimenti prodotti dal vento, il colore del rampicante sulla parete che incomincia a rosseggiare.

Lo studio francese Lacaton & Vassal propone l’ampliamento di abitazioni degli anni ’70 con terrazzi in parte chiudibili, per allargare gli spazi e renderli più comodi e più in linea con le esigenze dei proprietari. Sono loro a dare una bella definizione di Freespace nelle abitazioni: quello spazio che spesso non viene richiesto, ma che si rivela indispensabile.

Dall’India, un progetto per un edificio dove lavorano impiegati di concetto, decorato con le piante di un giardino verticale, curato da persone di una casta inferiore a quella degli impiegati. Gli architetti prevedono l’installazione di vetri trasparenti che permettano a impiegati e giardinieri, appartenenti a caste diverse, di creare una relazione tra loro, e un livellamento nella posizione lavorativa.

Un progetto premiato si è preoccupato di recuperare gli spazi di un ex ospedale psichiatrico in modo da farlo diventare un luogo aperto e pieno di luce, ma che comunque tiene conto delle esigenze mediche dei ricoverati

Un prefabbricato a Los Angeles, costruito sopra un centro commerciale e composto da piccoli appartamenti tutti identici, ha permesso di dare un’abitazione a un gran numero d senzatetto.

Infine l’Atelier Peter Zumthor è presente con diversi modelli in scala, tutti molto originali e di grande bellezza, e tutti realizzati con materiali naturali e nel rispetto dell’ambiente.

Usciamo per visitare alcuni dei padiglioni stranieri. Iniziamo da Svizzera 240, vincitore del Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale. Il progetto si presenta con la visita diretta di un’abitazione completamente fuori scala: cucina piccolissima o enorme, finestre altrettanto sfalsate. Tutto questo per spiegare l’abitudine, in Svizzera, di presentare le case senza riferimenti di misure e dimensioni, creando confusione negli acquirenti.

Il padiglione del Venezuela è interessante perchè disegnato da Carlo Scarpa.

La Germania propone Unbuilding Walls: tanti pannelli da un lato neri, a ricordare le porzioni in cui il Muro è stato diviso, e dall’altra con le immagini della trasformazione delle varie zone di Berlino dopo il 1989. Il Muro di Berlino è stato in piedi per 28 anni, e ne sono passati proprio altri 28. Non sapremo mai come sarebbe stata la Germania se non fosse stata divisa, ma tutt’oggi l’integrazione non è completata. Il Padiglione offre anche una panoramica di testimonianze da persone che vivono in altri Paesi dove c’è un qualche muro divisorio.

I Paesi Nordici sono attentissimi all’ambiente: nel loro padiglione crescono alberi veri che sfondano il soffitto, e vi sono isole gonfiabili piene di aria e acqua per invitare l’uomo a vivere un maggiore contatto con la natura, a una maggiore vicinanza con la semplicità di una vita in armonia con i ritmi naturali.

Infine, la Gran Bretagna si propone con una serie di stanze vuote: Freespace e no muri!.

Nel pomeriggio la visita continua all’Arsenale. Il lungo corridoio, oltre 300 metri, delle antiche corderie, offre diversi spunti di grande interesse

Si comincia con Niall Mcaughin Architects, che simulano i ritmi della luce in un’abitazione evocando il tempo che passa, il movimento della terra e la diversa intensità della luce durante il giorno e la notte

Mario Botta confronta studi di edifici con disegni dettagliatissimi di insetti, per spiegare la tecnica dell’architetto, che deve imparare a guardare, vedere, osservare, dedurre.

30 settembre – Nonostante ci si passi davanti quasi ogni giorno, non siamo mai entrati in san Rocco nè alla Scuola Grande a lui dedicata. Le “scuole” a Venezia, corrispondono alle confraternite. Sul percorso incontriamo il magnifico arco d’ingresso alla Scuola di San Giovanni Evangelista. La chiesa è un palcoscenico per quattro grandi teleri del Tintoretto, che occupano buona parte delle pareti della chiesa. Ma è la visita alla Scuola Grande di San Rocco a incantare: l’ingresso è maestoso, immenso, con alcuni interventi del Tintoretto, tra cui una intensa Annunciazione.  Saliamo il sontuoso salone, dove ci fermiamo un momento ad ammirare una stupenda, quieta, contemplativa Annunciazione di Tiziano,  e ci troviamo nella sala centrale, dove tutti gli interventi pittorici si devono a Jacopo Robusti, detto il Tintoretto.

Il pittore, nel 1564, aveva ricevuto la committenza dai confratelli della Scuola per un lavoro che lo avrebbe impegnato a lungo negli anni, e che gli permetteva di mettere in luce la sua tecnica straordinaria, con la quale faceva vivere e respirare i suoi personaggi. Scene dell’antico testamento si susseguono sul soffitto e sulle pareti, ognuna con una sua identità, tutte vibranti di energia e verità. La sala è anche palcoscenico per altre decorazioni, come le lampade in vetro opalescente e una parete di sculture in legno che rappresentano figure umane di diverse identità, inserite all’interno di una fittizia biblioteca.

Lasciamo la Scuola Grande di San Rocco per dirigerci oltre il Canal Grande, verso la Scuola Grande di San Marco. Raggiungiamo la grande piazza che ospita il perfetto monumento equestre di Bartolomeo Colleoni del Verrocchio, per entrare nel magnifico edificio dove ha sede, oggi, l’Ospedale San Giovanni e Paolo.  L’interno è maestoso, con un bellissimo chiostro fiorito, vetrate colorate di vetro di Murano e affreschi di soggetto toccante. Ci spostiamo poi nella Chiesa di Sa Giovanni e Paolo, che possiamo visitare molto meticolosamente grazie a una guida messa a disposizione dalla chiesa stessa. Ci troviamo nel mausoleo dei Dogi di Venezia, i cui monumenti funebri in marmo ne ricordano le gesta.

Ma non c’è solo una carrellata di monumenti statuari e tombe di marmo: la chiesa propone anche un polittico di Giovanni Bellini dedicato a San Vincenzo Ferrer, e numerose altre opere preziose.

Rientriamo verso casa, con grande tranquillità, godendoci i passaggi nelle calli e sui ponti, osservando il colore dell’acqua piena di riflessi, i lenti passaggi delle gondole, i balconi fioriti e i palazzi meravigliosi che si riflettono nell’acqua,

Vicino a Santa Maria Formosa scopriamo una libreria affollatissima, piena di libri vecchi e nuovi, dedicati a Venezia e non, in tutte le lingue del mondo, con all’interno una gondola vera che fa da contenitore per altri libri, e scalette esterne fatte sempre di libri.

Siamo ormai a metà pomeriggio. C’è il tempo per una lunga passeggiata fino quasi al porto, per godere sempre di Venezia nella sia intimità, e uno spritz in Campo Santa Margherita.

1 ottobre – Il rientro a casa è reso più gradevole grazie a una sosta gastronomica a Soave, deliziosa cittadina connotata dal castello Scaligero. Dove pranziamo e beviamo benissimo all’Enoteca del Soave.