(9 giugno 2019)

Bisogna essere motivati per partire alle 7:30 del mattino e fare tanti chilometri e ore di macchina. Ma lo siamo.

La nostra tappa è Bobbio, in val Trebbia, al confine tra la Liguria e l’Emilia Romagna. Bobbio, oggi un po’ defilata rispetto alle linee di trasferimento più rapide e moderne, è stata per secoli un passaggio importante in quanto sorge sulla grande carovaniera, la via del sale, che da Piacenza arriva a Genova e al mare.

La prima tappa è golosa: ci fermiamo a Varzi per fare scorta del famoso salame.

Finalmente a Bobbio, che ci accoglie, piccola e ordinata cittadina, con molti punti di interesse e di curiosità. Cominciamo dalle case, che sorgono una attaccata all’altra senza spazi intermedi, ma che presentano tutte caratteristiche proprie, spesso di un qualche pregio: bei colori in facciata, o pietre lavorate, balconi in ferro battuto, colonne.

La storia di Bobbio è indissolubilmente legata a quella dell’Abbazia di San Colombano.

Colombano, monaco missionario irlandese, è noto per aver fondato numerosi conventi e chiese.  Giunge in Italia dopo un lungo e travagliato percorso attraverso mezza Europa e, nel 614, riceve in dono, dal re longobardo Agilulfo, il terreno per costruire la sua chiesa, cosa che porterà a termine negli ultimi anni di vita.

San Colombano

L’Abbazia di Bobbio, con le sue scuole, la sua Biblioteca, il suo Scriptorium, diventa rapidamente importante sia dal punto di vista economico che politico. I sovrani che conquisteranno il nord Italia nei secoli successivi non contrasteranno questo potere che si allargherà sempre di più. In realtà, attraverso il riconoscimento del potere economico, i sovrani stessi tengono in soggezione i monaci, che non si inseriscono così nelle loro decisioni.

Tra le ricchezze dell’Abbazia c’era la produzione di pergamena, indispensabile per la riproduzione delle scritture miniate. A Bobbio si crea uno stile di scrittura particolare, ispirato alla tradizione irlandese, e tra i codici di Bobbio trascritti risultano alcuni dei documenti più importanti che, grazie ai monaci, sono arrivati a noi: De Republica di Cicerone, Virgilio, Plauto, le lettere di Seneca a Lucillo, il Codice Purpureo dei Vangeli.

Allo Scriptorium dell’Abbazia di San Colombano si è ispirato Umberto Eco nelle descrizioni per il romanzo Il nome della Rosa.

Nel 1014 nasce la diocesi autonoma di Bobbio, che ottiene così giurisdizione episcopale, ma lotte intestine dell’Abbazia portano a una decadenza di Bobbio, che nel 1230 è occupata da Piacenza. Nel 1387 diventa feudo dei Dal Verme che la terranno fino al 1700 quando passa ai Savoia, per poi seguire la storia dell’Italia.

La nostra visita inizia dalla Cattedrale di Santa Maria Assunta, Duomo di Bobbio, datata XI secolo, che porge su una bella piazzetta e si presenta con una facciata semplice, a capanna, affiancata da due campanili: uno più alto, con la campana, e uno più basso, con l’orologio.

Il livello della strada è ormai molto più alto, e per accedere alla navata si scendono alcuni gradini. Le decorazioni sono sobrie nella prima parte, ed esplodono nel transetto e nell’abside, dove un pittore tedesco ha riportato scene di vita dei Santi e del Vangelo con uno stile particolare, ricco, dettagliato, in parte architettonico, con ampie cornici barocche disegnate intorno alle illustrazioni. Il risultato finale non è sgradevole e regala l’impressione di uno spazio più ampio del reale.

Una piccola cappella a fianco dell’altare custodisce il vero gioiello della chiesa: un’Annunciazione risalente intorno al 1400, con un bellissimo Angelo dai tratti leonardeschi fasciato in un prezioso broccato, e una timida Vergine (ispirata alle figure del Foppa) raccolta in atteggiamento di sottomissione e obbedienza. Lo Spirito Santo, in forma di colomba, osserva la scena.

Di fronte al duomo, una curiosa meridiana risalente al 1200 segna il passaggio del sole sul Meridiano di Bobbio.

Con pochi passi raggiungiamo l’Abbazia di San Colombano, ancora immensa e delimitata dalle due torri in pietra costruite più di mille anni fa. L’esterno è un tripudio di cespugli di splendide rose gialle, con una scultura moderna “L’uomo della pace di Franco Scepi”, scultura approvata da alcuni dei Premi Nobel per la Pace che hanno donato la loro firma.

Oggi l’Abbazia è sede di museo e di aule scolastiche, ma mantiene la sua solennità, e il passaggio nei corridoio e nel chiostro è accompagnato da letture che ne raccontano la storia e la funzione.

Entriamo nella Basilica, un piccolo grande gioiello, con bellissimi affreschi rinascimentali e un prezioso coro ligneo dietro l’altare.

La parte più antica, che si raggiunge scendendo alcuni gradini, conserva la tomba di San Colombano e, protetto da una preziosa cancellata, un bellissimo mosaico del XII secolo con storie dell’Antico Testamento.

La comoda pausa pranzo è all’Enoteca San Nicola, dove mangiamo davvero bene.

Raggiungiamo il Ponte Vecchio, o ponte Gobbo, in merito al quale non mancano le leggende. È un lungo ponte in pietra che attraversa il Trebbia e conduce verso la collina. L’acqua del fiume passa sotto di noi con energia, e i colori illuminati dal sole rendono il paesaggio, oltre che il panorama del paese intero, particolarmente bello.

Prima di lasciare Bobbio visitiamo il castello Malaspina-Dal Verme. Ne vediamo solo l’esterno, il robusto masto medioevale, in quanto l’interno non è al momento visitabile (e pare sia molto interessante). In compenso il panorama è bellissimo.

Si avvicina l’ora del rientro. Dopo tanta storia, i colori più belli arrivano dalla natura in pieno rigoglio: campi di grano colorati dai papaveri e filari di lavanda fiorita per concludere in bellezza un’altra serena giornata.