(25 luglio – 1 agosto 2017)

La Scozia è un paese quasi disabitato, dove piove moltissimo, pieno d’acqua e di boschi. Visitandola in un momento dove in Italia imperversa la siccità, viene da dire: Pensiamoci. Gli Scozzesi scrivono in inglese, ma parlano una lingua loro che se ne infischia della fonetica, quando non è celtico. Più semplice andare a intuito. Gli Scozzesi sono, comunque, estremamente gentili, tolleranti con i turisti e il loro improbabile inglese, e molto puliti. Peccato guidino a sinistra.
Questo è il diario di una settimana di vacanza

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A hotel room with a view

25 luglio 
Con solo 45 minuti di ritardo ci solleviamo in volo da Milano e, alle 15,30 in punto ora italiana (ora locale 14,30) siamo a Edimburgo, Edinburgh.
Subito apprezziamo i disagi della Brexit o, semplicemente, la sospensione degli accordi di Schengen: ci tocca una coda lunga e lenta prima di passare la dogana ed entrare, veramente, nel Regno Unito.
Un comodo e non economico taxi ci porta all’hotel, Holiday Inn Express, in Queen Street; non è centralissimo, ma nemmeno così scomodo. Dati i tempi lunghi già impegnati in inutili convenevoli, ci mettiamo subito in marcia.

DSC01682.JPGLa città è interamente coinvolta nei preparativi per l’Edinburgh International Festival, un evento mondiale che richiama spettatori da tutto il mondo e che si svolge in agosto. Ma noi non ci facciamo impressionare e ci avviamo per il nostro giro. Appena usciti dall’albergo, davanti a noi cammina un signore in kilt. Non uno dei numerosissimi signori drappeggiati in tartan che incontreremo durante il nostro giro, a scopo turistico. No, questo signore ha proprio scelto di preferire la divisa tradizionale della Scozia. Ci capiterà di vederne altri.
La prima cosa da vedere, a Edimburgo, è senza dubbio il Castello, che sovrasta la città dalla cima della sua rocca. Già dal basso si intuisce che è una costruzione enorme, anzi, è formato da costruzioni diverse.Scottish gallery.JPG
Il percorso che ci porta al castello è affascinante e riserva molte sorprese: costeggiamo la Scottish Nationail Portrait Gallery, in un edificio color mattone dove, in facciata, compaiono statue tridimensionali di molte donne e sante dell’antichità.

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Attraversiamo la piazza St.Andrew con il suo piccolo, ma verdissimo parco, raggiungiamo la Scottish National Gallery immersa nel verde, entriamo nell’infinito e verdissimo West Princes Park. Si tratta di un parco difficile da immaginare per noi italiani, tanto è grande, ben tenuto, fiorito, ricco di spazi erbosi dove giocare, grandi e piccoli.

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Mi colpisce un teatro all’aperto: in una nazione dove piove quasi ogni giorno, un teatro all’aperto è un vero inno alla creatività e al desiderio di fare qualcosa ad ogni costo. Dopo l’attraversamento del parco, scaliamo un bella scalinata e, voila, ci siamo. Naturalmente ….è chiuso. Qui tutto chiude alle cinque, e noi non siamo per nulla abituati a questi orari anglosassoni!

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Percorriamo un pezzettino del Royal Mile, quindi ritorniamo verso la città per ammirare il castello dall’esterno. In questo modo scopriamo un paio di passaggi stretti e nascosti tra le case, sotto voltini scuri, e collegano due vie parallele. Questa passeggiata ci porta ad attraversare un parco dopo l’altro, a scoprire la chiesa di St. Cuthbert e il suo suggestivo, antico cimitero, fino alle propaggini della città “nuova”, in quanto costruito intorno al 1700, e per distinguerlo dalla città “vecchia”, medioevale.

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Torniamo verso l’hotel passando per la lunga, accogliente e curiosa Rose Street: soprattutto il primo pezzo è molto poetico, per la presenza di antichi pub e per e decorazioni su muri e vetrine che riprendono liriche in inglese e, soprattutto, in gaelico.

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Ci fermiamo a cena nel pub The Conan Doyle, dove incominciamo a prendere confidenza con le specialità locali: salmone scozzese, fish & chips, pie di carne.
Dopo cena, quella che dovrebbe essere solo una banale passeggiata digestiva ci porta in cima a Calton Hill, un punto panoramico aperto su tutta la città dove, data la serata meravigliosamente serena, si sono dati appuntamento in tantissimi per ammirare il tramonto. Così facciamo noi, oltre ad apprezzare un altro polmone verde lussureggiante, che regala respiro alla città.

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26 luglio

La colazione dell’Holiday Inn non è male, un po’ disorganizzata. Dopo aver ritirato la macchina, una Opel corsa grigio metallizzato, partiamo per Inverness, sotto una pioggia battente. Il percorso è tutto immerso nella campagna scozzese, verde e rigogliosa che più non si può, dove ogni tanto si vedono greggi di pecore o mandrie di mucche al pascolo. Ci fermiamo per una visita al castello di Blair, dove per fortuna non piove.

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E’ un castello molto elegante, sebbene privo dell’armonia di quelli francesi, tutto intonacato di bianco, ancora abitato, e un buon esempio per osservare come viveva, e riceveva, la nobiltà inglese nei secoli passati. L’arredamento è riconducibile al XVIII secolo, e direi comune ad altri esempi visti in altri paesi. Mi ha colpito, in alcune stanze, il campanello per chiamare la cameriera, le decorazioni a stucco nei soffitti, belle e insolite, e il fatto che molte sedie fossero rifasciate con tessuti ricamati dalle nobili proprietarie, segno che, nonostante il benessere, non amavano stare con le mani in mano.
Notevoli, in negativo, i palchi di corna di cervi uccisi e l’impressionante collezione di fucili e altre armi.

All’esterno i giardini sono enormi, e accolgono l’allevamento dei cervi, dei pony e delle pecore. Ci sono prati immensi e boschi con alberi di dimensioni gigantesche, segno della loro salute e della loro vetustà.

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Riprendiamo la strada verso Inverness, in un panorama non diverso. Facciamo solo una tappa velocissima alla distilleria Tomatin, dove assaggiamo al volo un whisky squisito e impariamo che la qualità del whisky delle Highlands si deve alla dolcezza dell’acqua.

DSC01807.JPGFinalmente siamo a Inverness, nel gradevolissimo B/B The Gatehouse.
Abbiamo tempo per un giro panoramico della città: il castello, probabilmente ricostruito, la severa cattedrale, alcune vecchie massicce costruzioni, ma soprattutto deliziose casette singole in pietra grigia, con le finestre a bovindo e i giardini pieni di fiori colorati e rigogliosi, e naturalmente lui, Ness, il fiume vigoroso che taglia in due la città, che formerà il famoso lago, e che soprattutto la rende unica.
Buona cena nel pub The Den, sotto le fotografie dei più famosi personaggi scozzesi: Sean Connery, Rod Stewart, Annie Lennox, …… Io scelgo dei deliziosi muscoli in salsina piccante e una squisita zuppa di pesce e verdura.

27 luglio
Dopo una buona colazione, ci mettiamo in viaggio, lasciamo Inverness.

Costeggiamo a lungo l’impetuoso fiume Ness, e facciamo la prima tappa al castello di Urquhart, un maniero di sasso del quale ormai non rimangono che poche rovine, ma che conserva abbastanza struttura per capire come potesse essere in passato, quando serviva da abitazione e da luogo di appostamento e difesa verso eventuali invasioni dall’acqua.

Il castello si affaccia sul più famoso dei laghi scozzesi, Loch Ness, una estensione d’acqua imponente nella quale, ahimè, non vediamo spuntare nemmeno l’ombra di Nessie. Pare non sia stagione … Proseguiamo verso Fort Augustus, un microscopico paesino composto, anche lui (ma non mi stanco di guardarle) da deliziose villette monofamiliari intonacate di bianco e piene di fiori. L’attività più rilevante di Port Augustus consiste nel riempire e svuotare le chiuse, per permettere alle barche di arrivare al lago. I mari a est e a ovest della Scozia non sono allo stesso livello, e il percorso nel Canale Caledoniano non può essere diretto, deve essere modulato.

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Proseguiamo verso il castello di Eilean Donan, che in gaelico vuol dire “Castello dell’isola di Donan”. La Scozia ha ancora moltissimi castelli, e guardando le immagini sono anche abbastanza diversi uno dall’altro, ma ahimè è impossibile visitarli tutti. Questo è ancora differente dai due già visti. L’interno è in parte ricostruito, con ambienti addirittura “abitati” da figure ad altezza naturale, l’esterno ha un delicato colore rosa arancio che lo rende perfetto nella tavolozza azzurra e verde tutta intorno. L’accesso tramite un ponte di pietra rende il castello ancora più suggestivo.

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Continuiamo finalmente verso Skye, ci siamo quasi. Intorno a noi campi di velluto verde, piccoli laghi, cascatelle. Attraversiamo l’aereo ponte che oggi unisce l’isola alla terraferma, e il panorama solitario prosegue, anche più intenso. Prati verdi, pecore e mucche che brucano, pioggia che va, viene, torna il sole e ricomincia, qualcosa impossibile da immaginare sotto altri cieli.

Raggiungiamo Portree, un minuscolo borgo raccolto su una insenatura naturale, caratterizzato soprattutto da una sfilata di case tutte colorate che guardano il mare.

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Qui facciamo una bella sosta fotografica. Continuiamo verso Uig, la nostra tappa finale per oggi, e raggiungiamo l’albergo, Uig Hotel. La struttura è bellissima e perfettamente inserita nell’ambiente, il servizio ottimo, e la cena del ristorante interno, di cui approfittiamo, è squisita (chowder e salmone al vapore con salsa bernese). La nostra camera guarda il mare ed è una vera “camera con vista”. Questa parte della Scozia, quest’isola, ne raccolgono tutto il fascino, e rispondono all’immagine più caratteristica di questo Paese: pochissime le case, tutte bianche immacolate, tutte con il tetto di ardesia grigia, pochi servizi essenziali, solo il porto sembra essere un posto dove si intreccia qualche attività, ma sempre con molta calma. Una situazione fuori dallo spazio e dal tempo da apprezzare in silenzio.

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28 luglio
Ci svegliamo e, in meno di mezz’ora, il cielo davanti a noi cambia colore tre volte. L’incomparabile variabilità del cielo a queste latitudini.

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DSC01954.JPGPartiamo subito perché ci aspettano lunghe ore di guida. Il vero obiettivo, oggi, è raggiungere le Silver Sands di Morar, le spiagge sulla costa occidentale della Scozia, note per la loro sabbia finissima e brillante.
Lasciamo l’isola di Skye da dove siamo venuti, ritroviamo i grandi laghi, ci dirigiamo verso l’estrema costa ovest. Durante il tragitto siamo attratti dal Glenfinnan Monument, una colonna eretta in memoria di alcuni valorosi Highlander morti in battaglia. Il monumento è tutt’altro che bello, ma sorge proprio sul lago e, subito dietro, in pochi passi si arriva abbastanza in alto da godere di un panorama aperto ed emozionante. Scattiamo le solite fotografia e riprendiamo verso le spiagge d’argento, che sono davvero così. Ampie distese di sabbia bianca e brillante al sole, di consistenza finissima, dove verrebbe voglia di sdraiarsi e godere di tanta morbidezza, se solo non fosse così freddo. Ci godiamo allora un po’ il paesaggio, una baia silenziosa, immobile, dove il mare acquista mille sfumature diverse, e poi torniamo verso l’interno e verso l’hotel di stasera.

Siamo al Corriegour Lodge hotel, una dimora storica arredata con molta eleganza (very british, fiori ovunque!), dove ci riservano una cordiale e raffinata accoglienza. Ci fermiamo per la cena, all’altezza delle premesse, sebbene assai costosa: piccolo timballo di verdure grigliate, trancio di haddock in salsa al curry.
Sul dépliant dell’hotel leggo che è situato in una delle più belle aree del Great Glen, tra Sprean Bridge e la punta occidentale del Loch Ness. Il Great Glen è una delle aree geologiche più interessanti della Scozia, una spaccatura che corre da Inverness a Fort Williams. Approfittando di questo spazio naturale, è stato costruito il Canale Caledoniano, che mette in comunicazione i mari a est e a ovest del paese. Un tempo era molto utile in quanto le navi erano più fragili delle attuali, e navigavano in acque meno profonde. Oggi non è più così, ma il canale rimane. Qui l’acqua si divide in più laghi, ognuno con il suo nome preciso, come Loch Ness o il piccolo Loch Lochy, di fronte all’albergo.

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29 luglio
Sotto una pioggia battente, lasciamo il Corriegour Lodge per visitare Fort William. Qui il tempo ci concede una breve tregua, più che sufficiente a dare un’occhiata a una cittadina che non ha nulla di particolare salvo il lago, a portata di mano, moltissimi hotel e la natura lussureggiante che la circonda. Leggiamo che questo è, in effetti, il punto della Scozia più piovoso, ma che mantiene una posizione strategica e interessante per gli escursionisti, attratti dalla possibilità di poter praticare sia gli sport acquatici che le arrampicate sul Ben Nevis, la cima più alta della Gran Bretagna. In effetti è divertente pensare a un posto dove ci si può portare indifferentemente il costume da bagno o la picozza. Da Fort William parte un treno a vapore che arriva a Mallaig, la zona delle silver sands, e che pare sia stato reso famoso da un racconto o un film di Harry Potter: un’esperienza che ci è sfuggita.

Lasciamo Fort William, il prossimo obiettivo è attraversare Glen Coe, una vallata famosa per il suo fascino selvaggio e un po’ inquietante. Nell’omonimo paese troviamo il Visitor Centre, un interessante punto di partenza prima di inoltrarci nel Glen Coe.

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Qui viene spiegato in modo chiaro ed esauriente l’origine della Gran Bretagna, che milioni di anni fa era all’altezza dell’Equatore, nonché di questa zona, un tempo vulcanica e soggetta a eruzioni esplosive, poi modellata dai ghiacci dell’era glaciale. Nel Ben Nevis si riconosce ancora la Caldera. Il Glen Coe mantiene le promessa: poco dopo averlo imboccato, ci si trova in una gola stretta, circondata da cime alte e incombenti, coperte del velluto verde che qui sembra rivestire tutto. Sono le Three Sisters da un lato e l’Anoach Eagach dal’altro.

Poi lentamente la vallata si apre in una alternanza di spazi aperti, laghi e laghetti con piccole isole piene di vegetazione, cascate scroscianti, mentre le nuvole giocano a coprire e scoprire le cime. Non è facile raccontare una sensazione: qui, oltre alla bellezza, si respira l’armonia con l’universo e con le tante cose diverse che ci circondano.

Appena usciamo dal Glen Coe entriamo nella diversissima, ma altrettanto bella, zona del Loch Lomond e della riserva naturale del Trossachs. Il lago è il più grande della Scozia e si distende con sponde molto mosse, che formano piccole baie e apparenti cambiamenti di direzione. La riserva, più bassa di quanto visto fin’ora, non è meno bella, con una vegetazione più collinare, ma rigogliosa e variegata.

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Raggiungiamo il nostro Bed & Breakfast, una piccola villa bianca che ci ha riservato una cameretta semplice, ma deliziosa, e subito ripartiamo verso nuove avventure.
La prima tappa è Balloch, con il suo bel castello in pietra, purtroppo chiuso, e soprattutto il suo parco naturale che si stende fino al lago. Credo di non aver mai visto prima alberi così imponenti per altezza, grandezza del tronco, rigoglio della chioma, prati così ben curati, e un’estensione impressionante. Approfittiamo per dare un’occhiata anche al paese di Balloch, abbastanza banale, mentre per la cena andiamo a Drymen, posto più carino e divertente. Qui ceniamo molto bene al pub The Clachan Inn, uno dei più antichi di Scozia. Prendo zuppa di pesce scozzese e funghi alla crema.

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30 luglio
La prima tappa è Stirling, una cittadina non poco importante situata più o meno in mezzo tra Glasgow ed Edinburgo. A Stirling c’è il castello, consueto maniero in pietra che guarda la città dall’alto, e che serenamente decidiamo di non visitare, e soprattutto il quartiere medioevale, che corre con le vecchie mura di difesa “contro gli inglesi” e si arrampica fino al castello stesso. Dall’alto è bello ammirare la città e il suo panorama, e tra le targhe poste nelle strade, che raccontano la storia della città, ci sono alcuni aneddoti del passato davvero divertenti.

Lasciamo Sterling per giungere a Glasgow, penultima tappa del nostro tour scozzese. Grazie all’autostrada, arriviamo in poco più di mezz’ora, parcheggiamo l’auto e ci avviamo subito per visitare la città. Sono interessata alle opere di Charles Rennie Mackintosh, l’architetto ch ha saputo interpretare il rigore dello stile scozzese con la fantasia leggera dell’Art Nuveau. La città ha diversi esempi del suo lavoro, come The Willow Tea Room, the Glasgow School of art, e soprattutto The Lighthouse, una costruzione seminascosta che scopriamo quasi per caso (per fortuna ero preparata!).

L’edificio è stato ideato da Mackintosh come sede per un quotidiano, l’Herald, ma dopo che il giornale ha chiuso, è stato lanciato un concorso per la conversione dell’edificio, che oggi ospita mostre d’arte moderna, ma soprattutto un po’ di storia e di spiegazione dei progetti di Mackintosh, a Glasgow e fuori, e la possibilità di approfittare della sua forma, un faro, per arrampicarsi sulla cima e guardare la città dall’alto.

Dopo questa visita mi dichiaro soddisfatta per quanto riguarda l‘architettura Art Nuveau. Proseguiamo verso il fiume Clyde, perché in ogni città dove c’è un fiume, questo va visitato, poi verso il Glasgow Green, un enorme e bellissimo parco che i cittadini amano molto. Oltre ai bellissimi prati e agli alberi secolari, il parco ospita il People’s Palace, che ospita il museo della storia di Glasgow e un piccolo orto botanico, e l’ex fabbrica di tappeti Templeton, oggi non più usata come tale, un edificio in mattonelle policrome, quantomeno curioso.

Dal Green, a sud, ci portiamo a nord per una visita alla Cattedrale dedicata a Saint Mungo, patrono della città. E’ l’unica cattedrale scozzese sopravvissuta alla Riforma, e ben si apprezza il valore della sua età originale. L’interno è scandito da archi a sesto acuto che corrono per tutto lo spazio, dalle vetrate dipinte, alcune molto belle, dall’altare posto in posizione sopraelevata e quasi staccato dal resto della chiesa, fino alla cripta, dove riposa il santo. Una visita molto interessante.

La città è piccola, in pochi minuti rientriamo verso l’hotel, il deludente Rab Ha’s, e ci prepariamo per la cena, al pub dell’albergo. La cena è ottima (muscoli e tacos, scozia e messico), così come è ottima la birra Tennents, ma abbiamo la sgradita sorpresa di vederci addebitare 10 pounds come sostegno della festa del quartiere! Finiamo la giornata con un’ultima passeggiata per Glasgow, a conferma che è veramente molto piccola.

31 luglio
Lasciamo senza rimpianti Glasgow e ci mettiamo subito in viaggio verso Edimburgo, l’ultima tappa. Troviamo l’albergo (Sherwood Guest House), riconsegniamo l’automobile che ci ha fedelmente scorrazzato, e ripartiamo in visita. Entriamo nella Scottish National Gallery dove, a discapito del nome, di artisti scozzesi ce ne sono davvero pochi. In compenso, molti italiani (Raffaello, Lotto, Tiziano, Canaletto, Guardi, Tiepolo, persino Leonardo), molti francesi, e olandesi, alcuni impressionisti. Scopro delle vere chicche, quadri spesso citati, di autori sommi, sono qui: La cuoca di Bernardo Strozzi, I covoni di Manet, un ritratto di Gian Lorenzo Bernini fatto dal genovese Baciccia (!), la famiglia Lomellini, noto nome genovese, opere di Luca Cambiaso, Procaccini e altri. La visita è lunga, ma davvero piacevole, forse ci richiede un po’ più tempo del previsto, perché qui tutto chiude presto ed è meglio correre.

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Ci dirigiamo al Castello, dove entriamo appena, e solo per scattare qualche fotografia, poi scendiamo lungo il Royal Mile. La strada più nota di Edimburgo ha ben ragione della sua fama, non solo per i numerosi negozi di lane e tartan, ma per i numerosi monumenti che vi si incontrano. Ci fermiamo alla cattedrale, dedicata a St. Gilles: la facciata e il campanile gotici introducono a un interno meraviglioso, con archi a sesto acuto che si rincorrono, vetrate bellissime, e le bandiere dei vari clan scozzesi appesi alle pareti laterali.

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William Wallace

Proseguendo lungo il Royal Mile si incontrano numerosi palazzi di sicuro interesse, dimore storiche oggi sede di musei, dell’Università, di raccolte per il pubblico.

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Nel percorso ci imbattiamo nel Fudge shop, negozio di cui avevo sentito parlare, che vende SOLO fudge. Impossibile resistere, ne comperiamo un congruo assaggio. Continuiamo fino alla sede del Parlamento Scozzese, purtroppo visitabile solo a porte chiuse. Una curiosità per capire un po’ dell’amministrazione locale e del progetto architettonico di Enric Miralles e Benedetta Tagliabue datato 2004.

Di fronte al Parlamento si aprono due scenari completamente diversi: da un lato la città si interrompe completamente e diventa una verdissima collina, e dall’altra si apre Holyroot House, la residenza della Regina quando è in visita a Edimburgo. La visita è accurata e molto interessante, vediamo le stanze interne fino alle camere da letto del re e della regina, e infine gli appartamenti di Maria Stuarda. Gli arazzi, i soffitti decorati a stucco, gli arredi sono, inutile dirlo, grandiosi, ma penso che la cosa più interessante e divertente sia proprio immaginare qui la famiglia reale, impegnata nelle attività consuete, e riconoscere gli ambienti dove si sono svolti alcuni momenti famosi (la visita di Papa Benedetto XVI, l’investitura di cavaliere a Sean Connery e Gordon Ramsey). Intanto impariamo che l’ordine più importante in Scozia è quello del cardo, fiore che si incontra spesso anche nei giardini di Edimburgo.

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Quando usciamo, la dimora è chiusa. Rientriamo in albergo per una doccia, e ceniamo bene in un altro pub storico, The Old Bell Inn (io, Ceasar Salad poco scozzese con salmone molto scozzese, e patatine fritte).

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1 agosto. Con calma e tranquillità raggiungiamo il centro di Edimburgo e, con il comodo ed economico autobus n. 100, arriviamo in aeroporto.heathers.jpg