(12-13-14 ottobre 2007)

12 ottobre – Il volo Lufthansa parte alle 6,55 da Linate, che vuol dire trovarsi lì più di un’ora prima, ma Paolo e Isabella, che pure arrivano da Loano, sono puntualissimi. Dobbiamo fare scalo a Francoforte, quindi arriviamo all’aeroporto Tegel intorno alle 10,30, e la città tedesca ci accoglie con un tempo variabile, e una temperatura più bassa che in Italia. In aeroporto facciamo incetta di cartine e chiediamo cosa fare per raggiungere il Mitte, dov’è il nostro hotel, scelto e prenotato da Daniela (una certezza): saliamo sull’autobus 109, che parte quasi subito, e cominciamo a prendere una vista della città e della sua architettura. Arrivati al capolinea, Zoologischer Garten, prendiamo la linea di superficie S25 fino alla stazione Friedrichstrasse, la più comoda per l’hotel. La stazione sorge proprio sulla Sprea, il grande fiume navigabile che attraversa la città e che ha, anche lui, la sua storia: attraversiamo il ponte e rapidamente arriviamo all’hotel, il Best Western Berlin-Mitte. Ancora non abbiamo ben chiaro come questa città è organizzata, comunque la zona è tranquilla, sebbene davanti all’hotel ci sia un cantiere, la nostra stanza porge su un interno chiuso, è confortevole e grande quanto basta. Nel frattempo il tempo sembra peggiorare, cade qualche goccia di pioggia, ma in reception ci dicono (con ragione) che le previsioni sono per un miglioramento.

Non perdiamo tempo, partiamo subito alla scoperta di Berlino. Mentre ci avviamo verso il centro, incontriamo una breve sfilata di Trabant, le macchine simbolo della DDR. Attraversiamo ancora la Sprea, e  raggiungiamo la bellissima strada Unter den Linden, “sotto i tigli”: è il viale dove Hitler faceva sfilare le sue truppe. I tigli che vediamo oggi sono giovani, perché lo stesso Hitler, per avere più spazio, aveva fatto tagliare quelli secolari, ma la città ha voluto ricomporre la sua immagine classica. Questa strada è bella, spaziosa e piena di negozi, con marciapiedi estremamente ampi e … molto trafficata. Prendiamo l’autobus n. 100 perché abbiamo letto che fa un giro in tondo e permette di avere una panoramica della città, fino alla Kaiser-Wilhelm Gedachtnis-Kirche, diventata uno dei simboli dell’Ovest e della devastazione che questa città ha subito.

Costruita nel 1888, ne rimangono ora solo poche macerie perché distrutta da un bombardamento nel 1943. Accanto ad essa, però, è stata costruita un’altra chiesa, dalle proporzioni ribaltate – il corpo della chiesa è un parallelepipedo basso e largo, a fianco il campanile. Dall’esterno appare come un edificio anonimo e freddo, con le pareti quadrettate. Entrando, si scopre che i “quadretti” sono vetri azzurri, decorati, che rendono l’interno insolito e suggestivo. Non manca uno spazio con immagini fotografiche dedicate alla storia della chiesa. Fuori, non lontano, incontriamo il primo (per noi) simbolo dell’unione tra le due Berlino, est e ovest: le maglie intrecciate di una catena.

Decidiamo di fare uno spuntino veloce e in piedi a base di hot dog (Paolo e Gian Paolo, ottima scelta) e di torta di patate (Isabella ed io, meno fortunate). Ormai il tempo si è aggiustato, la giornata è bella e soleggiata, la luce magnifica. Saliamo un’altra volta sull’autobus (circolare) 100 e scendiamo a Siegessaule, la piazza con la colonna sormontata dalla statua dorata (molto dorata …) della Vittoria

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Siamo su un viale lunghissimo, in fondo al quale scorgiamo la porta di Brandeburgo, ma intorno a noi c’è un parco enorme, straordinario per una grande metropoli: il Tiergarten. Nonostante il percorso non sia breve lo facciamo a piedi, sull’ampio marciapiede dove trova spazio anche una pista ciclabile, e raggiungiamo la Brandeburger Tor. Dappertutto intorno vediamo gru al lavoro: è una città quasi tutta nuova, in piena costruzione e ricostruzione, e la presenza delle gru sullo sfondo ci accompagnerà ovunque. Ancora non ho ben chiaro dove passasse il famigerato Muro, sebbene sappia che doveva essere qui vicino, visto che l’immagine della folla festante che attraversa la Porta subito dopo l’annuncio dell’apertura è una delle più famose. Ci dirigiamo a sinistra, per vedere il Reichstag, la sede del Parlamento tedesco, della democrazia tedesca

E’ un edificio storico, costruito poco più di 100 anni fa, che mantiene la sua facciata classica, ma è ora sormontato da una cupola in vetro panoramica, dalla quale è possibile avere una doppia visione: verso l’esterno, per un ampio panorama della città, e verso l’interno, per osservare al lavoro gli impiegati del Parlamento. Nonostante sia venerdì, la coda per la visita è talmente lunga che ci scoraggiamo e decidiamo a malincuore di rinunciare. Ci riempiamo però gli occhi con l’enorme prato che costituisce la Piazza della Repubblica, da dove ammiriamo un cielo tridimensionale che si fa sempre più sereno. E in fondo alla piazza, gli alberi del Tiergarten

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La nostra passeggiata ci riporta alla Brandeburger Tor e alla Pariser Platz, da dove riprendiamo l’Unter den Linden, strada ricca di palazzi e monumenti che meritano di essere visti con attenzione. Incrociamo la Staats-Bibliothek, sulle cui pareti si arrampica una vite americana verde e rossa, il Berliner Dom, la Galleria d’arte contemporanea (All art has been contemporary art) sul prato davanti alla quale c’è una esposizione di sculture di Botero, e finalmente raggiungiamo la Fernsehturm,
la torre della televisione che, con una terrazza panoramica rotonda situata a 203 metri di altezza, ci permette di vedere dall’alto tutta la città. Naturalmente la prima e più interessante cosa che salta agli occhi è la differenza tra la città storica e quella nuova, caratterizzata dai tipici “block of flats”. Il panorama è straordinario, dall’alto seguiamo il corso dello Sprea, riconosciamo la zona dove si trova il nostro albergo, e incominciamo a capire qualcosa dell’organizzazione di questa città che ci rivela la sua bellezza austera ma accogliente.

Scendiamo dalla torre, siamo in piena zona DDR, e continuiamo verso Alexanderplatz, che ne è il simbolo. E’ una piazza molto grande e moderna, con un grattacielo a specchi dove –non resistiamo e fotografiamo! – si rispecchia le Fernsehturm. Il “monumento” più curioso di Alexanderplatz è l’orologio universale, una costruzione rotonda che fornisce l’ora di (quasi) tutte le città del mondo, e punto di ritrovo per i berlinesi.

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Altrettanto interessante nella sua architettura tutto vetro e acciaio è la grande stazione (Bahnhof Alexanderplatz). Il sole incomincia a tramontare, ci affrettiamo a scoprire quanto ancora circonda la zona, come il Rathaus, la sede del Comune di Berlino, e il Marx & Engels Forum, una piazza dove giganteggiano le statue dei due filosofi (con le gru sullo sfondo …) sotto i quali Isabella ed io ci facciamo fotografare, sebbene ormai sia quasi buio. La strada del ritorno verso l’albergo offre altri spunti interessanti, in particolare lo Zeughaus, l’edificio più antico, e forse più bello, dell’Unter den Linden. Costruito nei primi anni del 1700, in stile barocco, è stato sede del Museo della Storia tedesca fino alla caduta del Muro. Qui si alternano architetture classiche e opere moderne (una rete appesa con all’interno materiali e pupazzi, ispirazione Cattelan?). Continuiamo fino a Bebel Platz: qui, un buco illuminato nel pavimento ci mostra una libreria dagli scaffali completamente vuoti, a monito del tempo in cui, sotto la dittatura nazista, i libri erano proibiti. Prima di fermarci per cena facciamo tappa in uno dei numerosissimi negozi che vendono i classici e prevedibili souvenir, tra cui pezzi del Muro: io acquisto solo materiale sulla storia del Muro e della città com’era e com’è. Per cena, dopo molte incertezze, scegliamo su consiglio di Gian Paolo una birreria  dove mangiamo in modo molto “tedesco”: salsicce e crauti, goulash. La proprietaria non conosce una parola di inglese, ma ovviamente ci facciamo capire  e siamo trattati benissimo, spendendo veramente poco. A domani!

13 ottobre – E’ sabato, la giornata è bellissima, il cielo luminoso e terso. Dopo una discreta colazione in hotel, ci avviamo alla scoperta del famoso (o sarebbe meglio dire famigerato) Muro di Berlino. Infatti ieri, nonostante avessimo girato parecchio, non abbiamo trovato traccia di quella che è stata la geografia di questa città fino al 3 ottobre 1989. Ci avviamo lungo la Friedichstrasse, una strada ampia ed elegante sulla quale si affacciano palazzi e grattacieli, quasi tutti praticamente nuovi. E’ chiaramente una “via dello shopping”, quindi siamo un po’ catturati dalle vetrine, e entriamo ai Magazin Lafayette. Non sono solo omonimi, sono proprio i famosi magazzini francesi che hanno qui una sede, e infatti all’interno si ritrova un’atmosfera parigina, con commessi che parlano in francese ….

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Rostropovich_at_the_Wall

L’architettura interna è affascinante, opera di Jean Nouvel: tutta al costruzione ruota intorno ad un cono rovesciato, con il vertice verso terra. Le pareti del cono sono vetri o specchi, così che la luce vi rimbalza sopra, rendendolo vivo e colorato. Per non smentirci, ci rechiamo al reparto gastronomia, dove compriamo un po’ di golosità da portare a casa (il pane nero, per esempio), Isabella acquista anche un geniale accessorio per tagliare le verdure julienne che io mi faccio sfuggire. Quando usciamo dai Lafayette proseguiamo la nostra passeggiata verso sud, e ci facciamo attrarre da una bellissima piazzetta laterale dove si fronteggiano due chiese: una è per i francesi, leggiamo sulla guida, l’altra per i tedeschi. Nel centro, un teatro per i concerti. E’ davvero strano pensare che un popolo così sensibile alla bellezza, possa essersi lasciato trascinare e compiere una tragedia come l’olocausto … Questa piazza trasmette un’armonia e una purezza, sicuramente anche grazie alla splendida giornata e alla luminosità dell’aria, che non è facile riscontrare in altri posti. Continuiamo a scendere, perché siamo diretti a Checkpoint Charlie, ovvero il confine tra il settore occidentale e quello orientale: in fondo ci aspetta lo storico cartello “State per lasciare il settore americano”, cambia l’atmosfera e si scatenano le nostre emozioni. La prima cosa che notiamo (impossibile non farlo) sono le enormi fotografie in bianco e nero che tappezzano la strada ai lati, e mostrano come si presentava quando la città era divisa a metà, con alcuni momenti salienti della sua storia. Il vero “US Army Checkpoint” è una piccola baracca, ormai solo attrazione per turisti, dove ancora staziona un militare in divisa, che si lascia fotografare. Al di là di questi particolari, quello che risulta profondamente toccante è l’immaginare cosa è stato e che ha significato questo confine, quanto dolore e morte ha visto passare. Alzando gli occhi, lo stesso cartello appeso propone su un lato la foto di un soldato americano, sull’altro lato quella di un soldato russo, in entrambi i casi due giovanissimi, poco più che bambini, con lo sguardo indifferente di chi non ne ha ancora viste abbastanza per capire cosa sta facendo. A fianco c’è il museo di Checkpoint Charlie, ancora un’attrazione per turisti se visto solo come raccolta di materiale storico, ma per chi come noi ricorda il Muro in quanto frattura profonda e ostacolo alla libertà individuale, rappresenta un viaggio commovente e doloroso nelle diverse esperienze di chi lo ha vissuto, subito e di chi ha tentato, con successo o meno, di scavalcarlo. Un video propone il famoso filmato in cui Mstislav Rostropovich, uno dei più grandi violoncellisti del XX secolo, suona il suo strumento semplicemente in strada, in un angolo sotto il muro, subito dopo la caduta, trovando così in un gesto semplice e a stretto contatto con la gente il modo di esprimere la sua gioia nel partecipare a questo momento. Un giovane non lo riconosce e, dopo averlo ascoltato, gli allunga una moneta che l’artista, dopo un attimo di incertezza, accetta e mette in tasca, sottolineando così il suo desiderio di essere uno dei tanti a celebrare. E’ difficile trattenere la commozione.


Molto d’impatto sono i disegni dei bambini, per come vedono le due parti della città, una verde e colorata, l’altra grigia e spenta. Il museo, oltre a riportare sulle pareti ritagli di giornale e articoli, propone alcuni degli strumenti più o meno improvvisati usati da coloro che hanno tentato di passare nella Germania dell’ovest.

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Da qui, cambiamo totalmente atmosfera e raggiungiamo Postdamer Platz. Nel film di Wim Wenders “Il cielo sopra Berlino”, la piazza è un vasto campo incolto pieno di erbacce, dalla quale si scorgono in lontananza  una strada e qualche gru.
Oggi, soprattutto in questa giornata tersa, la piazza è un trionfo scintillante di bianco, vetro e acciaio, in un’armonia avveniristica e accogliente anche grazie allo sfondo verde del Tiergarten da una parte (non solo verde, anche rosso e giallo, visto che siamo in autunno) e ad una collinetta a prato contrapposta, dove è permesso camminare o sedersi. Sappiamo che il progetto urbanistico è di Renzo Piano, con il quale hanno collaborato i principali architetti del mondo, e infatti le linee e le proporzioni, i rettangoli, i triangoli e le curve sono così ben bilanciate che non smetterei di guardarmi in giro. In tutto questo non mancano i ricordi, uno più antico, rappresentato dal primo semaforo messo in funzione, e quello, tragico, più recente. In terra, sul cemento è affissa una targa che marca il punto in cui passava il Muro (Berliner Mauer 1961-1989),
e poco più in là alcuni pezzi di Muro sono stati lasciati al loro posto, inframmezzati da cartelloni che ne raccontano ancora la storia. In questo punto, un bel ragazzo in divisa tedesca è lì per farsi fotografare con i turisti. Scopro che si chiama George, e, bontà sua, parla piuttosto bene l’italiano perché la mamma è piemontese: studia all’università e ovviamente arrotonda con questa comparsata. Al centro delle costruzioni c’è il famoso Sony Center, con la sua cupola fatta di cavi d’acciaio e vele fluttuanti, posto di ritrovo perché è sede di cinema, teatri oltre a numerosi locali e bar. Anch’esso è super moderno, se non per un angolo in basso dove è stata ricomposta la neobarocca Kaisersaal, nota per essere il centro culturale della città negli anni Venti: un “intervento chirurgico” urbanistico.

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La nostra passeggiata continua alla scoperta dei dintorni di Postdamer Platz: ci affacciamo prima sulla Leipziger Platz, alla ricerca di un info box che scopriamo non esistere più. Ci dirigiamo allora verso la Philhrmonie e la Kammer-musiksaal, due luoghi chiaramente deputati alla musica, collegati tra loro, realizzati in mattoni di un caldo colore giallo, con un curioso perimetro irregolare e un tetto altrettanto strambo: leggiamo che a questo si deve la perfetta acustica della sala. Giriamo in tondo fino alla Marlene Dietrich Platz, e sempre incontriamo palazzi che ci sorprendono per la loro architettura con tocchi di genialità.
Qui scopro l’opera di uno dei miei artisti preferiti, Olafur Eliasson: le sue opere utilizzano sempre i principi della fisica, in particolare quelle legate alla riflessione e alla rifrazione della luce. In questo caso una casa d’epoca è rinnovata da una cornice di specchi che oscillano all’aria, rendendo il suo perimetro sempre cangiante. Torniamo verso la Postdamer Platz attraverso il prato, e ancora una volta apprezziamo la leggerezza e l’eleganza dei suoi grattacieli a specchio, dove le immagini si moltiplicano.

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Ora ci spostiamo in un’altra zona della città, il  quartiere popolare di Kreuzberg. La nostra prima meta è il Museo Ebraico, costituito da due costruzioni: una, antica, dove vengono proposte mostre temporanee, e una moderna, disegnata magistralmente da Libeskin. Ci manca il tempo e anche il coraggio, perché sappiamo che l’interno di Libeskin è davvero suggestivo, e decidiamo di non entrare (poi Isabella ed io ce ne pentiamo, ovviamente). Anche da fuori però, il muro verticale di cemento tagliato da saette di vetro è piuttosto drammatico.

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Il nostro prossimo obiettivo è la Anhalter Bahnhof, ovvero i pochi resti di quella che era una delle più grandi e strategiche stazioni ferroviarie di Berlino,prima della seconda guerra mondiale. Sul tragitto ci incantiamo a guardare un gruppo di quattro graffitari impegnati a decorare la parte più bassa del muro di un palazzo già ampiamente dipinto. Scrivono, con mano e fantasie diverse, il loro nome, come ci spiegano in qualche modi visto che nessuno di loro parla inglese. La nostra stazione è poco lontano: quello che ne rimane è talmente poco da non riuscire a suggerire la grandiosità della costruzione originale. Riprendiamo a piedi la strada verso il centro della città, incontriamo il Museo della Scienza e della Tecnica, riconoscibile per un piccolo aereo appeso all’esterno, attraversiamo la Sprea mentre passa un barcone carico di persone (leggiamo che le gite sul fiume sono particolarmente apprezzate in quanto erano impossibili al tempo del Muro), e con la metropolitana ci spostiamo in periferia dove potremo vedere un lungo tratto del Muro. All’arrivo attraversiamo un ponte dal quale scorgiamo un’altra immagine che celebra la riunificazione della città: due uomini stilizzati che si abbracciano. Ma girato l’angolo incominciamo a costeggiare per centinaia di metri il Muro, completamente disegnato, colorato, firmato da tutti quelli che sono passati di lì e hanno voluto lasciare le loro tracce. Ci sono disegni che riprendono immagini note, ci sono ritratti e immagini surreali, scritte di senso compiuto e altre meno, ci sono diversi livelli di scrittura perché a un certo punto si è incominciato a scrivere sopra altro … Ogni tanto nel percorso si apre un varco, e incontriamo un punto in cui sono ancora in piedi i due “muri” che correvano paralleli, e la Death Zone all’interno. La lunga passeggiata si conclude all’ora di cena: mangiamo vicino all’hotel, al ristorante Kartoffenkeller. Come dice il nome, sono tutti piatti a base di patate, e sono tutti buonissimi, così come ottime è la birra. Dopo cena abbiamo voglia di goderci ancora un po’ la città, quindi prendiamo la metropolitana fino ad Alexanderplatz per vederla by night, da lì andiamo a piedi a Postdamer Platz (stranamente tranquilla e non così frequentata come ci saremmo aspettati), e ancora lungo la Sprea e verso l’hotel. Prima di arrivare passiamo, per caso, davanti al Berliner Ensamble, famoso teatro: proprio in quel momento sta finendo lo spettacolo, e ne approfittiamo per mescolarci con gli spettatori e dare un’occhiata all’interno.


14 ottobre – E’ il terzo e ultimo giorno di vacanza, ma il nostro volo parte stasera alle sette, quindi abbiamo diverse ore ancora per noi. Ci avviamo verso l’isola dei musei e sulla strada troviamo la Neue Sinagoghe, che avevamo già identificato dalla Fersehturm grazie alla sua cupola dorata. Decidiamo di visitare il Pergamom Museum, che a detta di tutti è il più interessante per il grandioso altare di Pergamo custodito all’interno. L’imponente scalinata che vediamo è una ricostruzione, mentre il fregio che corre alla base lungo tutto l’altare è l’originale, portato qui dalla Turchia. Tutto intorno è decorato con  statue e bassorilievi che mostrano scene mitologiche o immagini degli dei greci. Nella stanza accanto ci sono le massicce porte di pietra del mercato di Mileto, e ovunque resti romani  e greci (tra cui un bellissimo mosaico bianco e nero trovato a Ostia). Ancora oltre ci trasportiamo nell’universo assiro-babilonese attraverso la Porta di Ishtar, sormontata da uno splendido muro fasciato di ceramica azzurra e decorato con figure di animali reali e mitologici. Da qui parte la Strada delle Processioni, che riprende il decoro in ceramica colorata, ma questa volta sono dei leoni ad indicare la strada. All’interno di questo spazio, altri reperti di arte assiro babilonesi. Al piano superiore visitiamo il museo di arte islamica, che mi sorprende per la bellezza di alcune opere, come uno straordinario Mihrab in ceramica. Qui sono custodite le Stanze di Aleppo, esempio di arte siriana che unisce a decori, fregi e fiori dell’arte araba, immagini della cultura cattolica. Un’altra stanza ospita le fondamenta del Palazzo Mshatta, esempio di arte giordana.

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Decidiamo di dedicare il tempo che ci resta prima della partenza alla visita del castello di Charlottenburg. Ci avviamo per un primo tratto con la metropolitana, poi continiuamo a piedi, e ci fermiamo in una pasticceria per uno spuntino a base di krapfen e torta di mele – non manca qualche malinteso di comprensione: chiediamo krapfen e ci viene dato caffè … Una volta arrivati allo Schloss preferiamo perderci in una visita generica delle sue stanze e soprattutto del parco e del giardino all’italiana, che porgono sul fiume.

E’ tempo di andare verso l’aeroporto … Berlino è una città molto grande e molto ricca, che merita sicuramente una seconda visita a complemento di questo assaggio. Nello stesso tempo, la sua personalità così decisa la rende capace di lasciare una traccia profonda anche in poche ore.